martedì 28 giugno 2011

Occhio alle perdite

Maschi, diffidate del pisello che perde!
Che si parli di borsa o di tubature, le perdite portano sempre guai. Ma se a perdere è il vostro pisello, allora sono davvero cazzi acidi. Letteralmente e metaforicamente.
"Quando un uomo è colpito da un'infezione agli organi genitali, la perdita di liquido è impura. Il liquido può uscire dagli organi od ostruirli: in tutti i casi è impuro e rende l'uomo impuro" - sentenzia il Levitico al capitolo 15. Una volta tanto, per lo meno, niente disparità tra uomo e donna: il maschio impuro subisce infatti le stesse restrizioni di una donna mestruata. "Ogni letto su cui quell'uomo si stenderà e ogni sedia su cui si sederà diventano impuri. Chi li tocca deve lavarsi i vestiti, fare un bagno e resterà impuro fino a sera. [...] Ogni recipiente di terracotta toccato dal malato deve essere infranto; ogni recipiente di legno dev'essere lavato con acqua"Viene opportunamente sottolineato anche che "se l'uomo malato sputa su un uomo puro, quest'ultimo deve lavarsi i vestiti, fare un bagno e resterà impuro fino a sera": ne deduciamo che spesso gli uomini con perdite genitali si trasformavano in lama sputazzanti. Un effetto collaterale mica da ridere.
Dalle perdite infette, fortunatamente, si può anche guarire. Nel momento in cui il pisello smette di gocciolare, "l'uomo deve aspettare una settimana prima di essere in stato di purità; deve lavarsi i vestiti e fare un bagno nell'acqua corrente - e vorrei ben vedere! - dopo di che è purificato", a patto che l'ottavo giorno porti a sgozzare i soliti due piccioni per il perdono dei peccati. Ancora una volta, come per un lebbroso, si fa dunque passare il concetto che chi per sfiga si è ammalato, per ciò stesso ha pure peccato: cornuto e mazziato, direbbero a Napoli.
I maschietti dell'epoca dovevano anche stare attenti a masturbarsi o a fare sogni erotici troppo vividi: Dio infatti specifica che "quando un uomo ha avuto perdite seminali, deve lavarsi interamente e resterà impuro fino a sera. Ogni vestito e ogni copertura di pelle macchiati dallo sperma devono essere lavati e restano impuri fino a sera. Quando un uomo e una donna hanno avuto relazioni sessuali, devono lavarsi tutt'e due e restano impuri fino a sera". Lavarsi è cosa buona e giusta, anche secondo Dio: feticisti a parte, possiamo tirare tutti un profondo sospiro di sollievo.

venerdì 24 giugno 2011

Di lebbra, di muffe e di altre schifezze

Impuro! Impuro!
Oltre a fungere da macellai, i sacerdoti israeliti sono anche gli ispettori sanitari della comunità. Tocca a loro infatti esaminare pustole, piaghe e simpatiche crosticine che compaiono sulla pelle della gente, ma anche valutare la muffa che fa capolino sui vestiti o si insinua tra i muri delle case. Dio ne presenta un dettagliato campionario con le relative 'istruzioni per l'uso' nei capitoli 13 e 14 del Levitico.
Lo spauracchio maggiore è rappresentato dalla lebbra, malattia estremamente grave e contagiosa. Ecco perché ogni volta che su qualcuno viene notata un'escrescenza cutanea insolita, la priorità assoluta è accertarsi che non si tratti di lebbra: i segni di riconoscimento di una cicatrice lebbrosa sono il colore bianco-giallastro, l'insorgenza di peli bianchi e la formazione di ulcere. Insomma, una meraviglia. Il sacerdote deve valutare i potenziali malati sempre una prima volta e poi una seconda, a una settimana di distanza, per determinare con certezza se sono puri o impuri.
Dio - bontà sua - specifica espressamente che "quando un uomo perde i capelli e diventa calvo, resta puro. Se perde i capelli sul davanti e ha la fronte calva, resta ugualmente puro". La lettura della Bibbia può essere consolatoria.
Ma cosa succede, invece, a chi ha la sfiga di essere lebbroso e dichiarato impuro? "Deve portare vestiti strappati, stare a capo scoperto e coprirsi la parte bassa del viso; egli deve gridare 'Impuro! Impuro!'. Egli è impuro per tutto il tempo durante il quale è colpito dal suo male; per questo dovrà abitare da solo, fuori dall'accampamento". Vade retro lebbroso.
Se il destino vuole che, abbandonato a se stesso, il disgraziato riesca chissà come a guarire, potrà essere purificato e riammesso nella comunità attraverso un rito lungo e complicato, che prevede lo sgozzamento di un uccello e di tre agnelli. Per rendere l'idea, basti leggere i passaggi iniziali: "Il sacerdote fa sgozzare uno degli uccelli al di sopra di un vaso di terracotta contenente acqua di sorgente. Prende l'uccello vivo, il legno di cedro, il panno scarlatto e il ramo di issopo e li immerge, con l'uccello vivo, nel sangue dell'uccello sgozzato. Poi fa sette aspersioni sull'uomo". Se vi siete preoccupati per il destino dell'uccello vivo immerso nel sangue del suo consimile, state sereni: verrà liberato. L'uomo deve quindi radersi tutti i peli e i capelli, viene nuovamente asperso con olio e sangue in punti specifici del corpo (lobo dell'orecchio destro, pollice della mano destra, alluce del piede destro), e solo dopo aver sacrificato tre agnelli è dichiarato puro. Chissà se gli è mai passato per la testa Si stava meglio quando si stava lebbrosi.
Per quanto riguarda la comparsa di muffe su vestiti o abitazioni, al proprietario conviene trovare il modo di farle sparire entro una settimana. Se infatti al secondo controllo del sacerdote le muffe sono ancora là, il vestito deve essere bruciato e la casa rasa al suolo.
Niente soluzioni drastiche: siamo israeliti.

lunedì 20 giugno 2011

Son tutte impure le mamme del mondo

La donna che partorisce è impura.
I figli sono forse 'piccoli diavoli?'
Son tutte belle le mamme del mondo quando un bambino si stringono al cuor, cantava Gino Latilla, trionfatore a Sanremo nel 1954: uno zuccheroso elogio alla fecondità delle mamme italiane, che all'epoca sfornavano una media di 2,33 pargoli a testa contro gli 1,40 di oggi.
Ai tempi del Levitico, il ritornello suonava un tantino differente: Son tutte impure le mamme del mondo, testo scritto da Dio e interpretato da Mosè nel capitolo 12, dove ci viene spiegato chiaramente che ogni donna, partorendo, diventa "impura come se avesse le mestruazioni".
Per capire meglio cosa comporti, sbircio rapidamente il capitolo 15: "Impurità sessuali della donna".
"Quando una donna ha le mestruazioni ed esce sangue dal suo corpo, è impura per una settimana. Chi la tocca resta impuro fino a sera. Ogni letto in cui si corica e ogni sedia sulla quale siede diventa impura. Chi tocca questo letto o questa sedia deve lavarsi i vestiti, fare un bagno e resterà impuro fino a sera. Se un oggetto si trova sul letto o sulla sedia in cui essa si è appoggiata, chiunque tocca quell'oggetto è impuro fino a sera". Altro che superassorbenti con le ali per essere libera e felice come una farfalla, andare a cavalcioni sulla moto, lanciarsi con il paracadute e fare la ruota durante il saggio di danza ritmica: vade retro, femmina sanguinolenta!
Ma torniamo alle prescrizioni specifiche riservate alle puerpere, che dunque tanto per cominciare sono intoccabili e inavvicinabili da chiunque (i neopapà hanno una scusa buona per tirare tardi all'osteria). Nella loro condizione immonda, le neomamme ovviamente non sono ammesse al santuario, né possono toccare un qualunque oggetto sacro.
Curiosamente, l'impurità ha una scadenza diversa a seconda che il neonato sia maschiofemmina: un bimbo renderà la mamma impura per sette giorni prima della sua circoncisione (ottavo giorno), più altri trentatré giorni successivi al taglio del prepuzio; una bimba invece raddoppierà i tempi (due settimane più altri sessantasei giorni). Il detto Auguri e figli maschi potrebbe essere stato coniato come formula propiziatoria tra le donne israelite?
Una volta completato il periodo di quarantena prescritto, la mamma per tornare pura deve portare al sacerdote un agnello di un anno, più un piccione o una tortora per immolarli nel sacrificio di perdono; se è povera e non può permettersi un agnello, può sostituirlo con un altro piccione o un'altra tortora.
Faccio fatica a capire: ma dopo aver portato un figlio in grembo per nove mesi, averlo partorito con dolore, ed essere stata messa al bando - nel migliore dei casi - per quarantuno giorni, di che cosa dovrà chiedere perdono questa povera mamma?

giovedì 16 giugno 2011

Una dieta bestiale

Niente maialino arrosto per gli ebrei.
In alternativa, provate pure le locuste...
Fin dall'inizio Dio ci ha ampiamente dimostrato di essere intransigente e severo in fatto di regole, ormai abbiamo capito l'antifona. Però privarci di delizie culinarie come il panino con la porchetta o il polpo con le patate mi pare davvero una crudeltà.
Purtroppo il capitolo 11 del Levitico parla chiaro: ci sono animali puri e animali impuri. E quelli impuri non si può manco toccarli, figurati mangiarli...
Due elementi fondamentali per distinguere gli animali proibiti sono l'unghia e lo stomaco, da considerare rigorosamente in accoppiata: si possono mangiare quelli che hanno l'unghia divisa da una fessura e che al contempo ruminano, mentre vanno evitati come la peste quelli che hanno soltanto unghie divise o che soltanto ruminano.
Messa così la regola non è chiarissima, quindi il Signore - nella sua infinita bontà - ci fornisce una serie di esempi pratici: non sognatevi nemmeno di mangiare un cammello (volevamo dirti, Dio: e chi mai se lo sognerebbe?), ma nemmeno un iràce (ammesso che scopriate cos'è - vi facilito il compito: una specie di coniglio che si trova in Africa e Medioriente); scordatevi anche due grandi classici della cucina come la lepre (no, le pappardelle no!...) e il maiale (Homer Simpson a questo punto preferirebbe morire).
Se siete amanti del pesce, dovete accontentarvi di quelli che hanno pinne e squame. Fossi ebreo levitico-osservante, sarei dunque costretto a dire uno straziante addio al mio amatissimo polpo - a cominciare dall'impareggiabile sagra annuale di Tellaro (La Spezia) - ed evidentemente anche a cozze, vongole, scampi e deliziosa compagnia bella. "Dovete avere orrore di essi: non mangiatene la carne ed evitate ogni contatto con i loro cadaveri", rincara la dose Dio. Per i mitilicoltori si spalancano le porte dell'inferno.
Se avete in programma un tour nei Paesi Orientali, con tanto di assaggi di specialità tipiche, occhio agli insetti: godetevi pure gli spiedini di locustegrilli cavallette, ma sono le uniche eccezioni ammesse tra le bestiole alate e che camminano su quattro piedi, per il resto assolutamente proibite. Tra gli animaletti terrestri, vietato papparsi talpe, topitoporagni, lucertolegechiramarri e camaleonti, e qualunque bestiola che strisci sulla terra.
Va da sé che se uno qualsiasi degli animali proibiti entra in contatto con un vestito, un oggetto o con l'acqua, l'impurità e l'intangibilità si trasmettono immediatamente.
Curioso l'elenco degli uccelli impuri: dentro ci ritroviamo la nobile aquila, gli sconosciuti alcione,  ossifraga e aquila di mare, ogni specie di falco, corvo e sparviero, lo struzzo (con buona pace di Will E. Coyote), i "cugini" gufo & civetta, ma anche ibis, cigno, airone, pellicano, gabbiano, folaga, upupa e financo il pipistrello (ebbene sì, caro Ozzy Osbourne: ti sorprenderà, ma anche tu sei un peccatore). Nessun riferimento a passeri e allodole: almeno lo spiedo di polenta e osèi è salvo. Ma quale sarebbe la rinuncia culinaria più dolorosa per voi? Potete indicarla  utilizzando il sondaggio che trovate sulla colonna a destra dello schermo.

lunedì 13 giugno 2011

La tenda degli odori

Aria pesantuccia vicino
alla Tenda del Signore
La Tenda del Signore si poteva sicuramente riconoscere anche ad occhi chiusi. Bastava che fosse sottovento, e da lì si propagava a chilometri di distanza un inconfondibile olezzo: un piacevole mix di sangue rappreso, oliopane abbrustolito, interiora e grasso di animali bruciati.
Seguendo alla lettera le istruzioni di Dio, Mosè compie il cerimoniale per consacrare i primi sacerdoti, ovvero Aronne e i suoi quattro figli (Levitico, capitoli 8-10). I prescelti vengono cosparsi d'olio e del sangue di una serie di animali sgozzati e offerti in sacrificio, bruciandone le interiora e le parti grasse: per la precisione un toro e due montoni, più l'immancabile focaccia non lievitata. Il sangue e l'olio vengono aspersi anche in vari punti della tenda sacra e sulle vesti dei sacerdoti, che sono costretti a rimanere lì per sette giorni: "Rimarrete per sette giorni all'ingresso della tenda dell'incontro, giorno e notte, altrimenti morirete" - li ammonisce Mosè. Dati i precedenti, meglio prendere l'avvertimento sul serio.
Durante questa settimana, si prosegue senza interruzione con il 'barbecue sacro', che raggiunge il suo apice l'ottavo giorno, quando vengono immolati altri due vitelli, un agnello, un montone, un capro e un toro, con spargimento diffuso di sangue e olio e un gran falò di interiora e grasso. Alla fine Dio si manifesta in un'ultima fiammata poderosa che consuma tutto il cumulo di resti animali, tra le grida degli israeliti festanti.
Nadab e Abiu, neosacerdoti e figli di Aronne, proprio a questo punto però compiono un errore madornale. Non avranno modo di pentirsene. Pensando di fare cosa gradita a Dio - e, immagino, all'olfatto di tutti gli israeliti - decidono a questo punto di bruciare sull'altare un po' di profumo. Il Signore, che non lo aveva espressamente richiesto, dimostra di non condividere pienamente l'iniziativa, dando giusto un cenno di disapprovazione: sprigiona dal nulla un'enorme fiammata che li avvolge e li brucia vivi sul posto.
Mosè fa subito rimuovere i due cadaveri abbrustoliti dai cugini Misael e Alsafan, quindi rimbrotta Aronne e gli altri due figli che gli sono rimasti, Eleazaro e Itamar, perché evitino di peggiorare ulteriormente la situazione: "Non dovete stracciarvi le vesti in segno di lutto: attirereste su di voi la morte e su tutta la comunità d'Israele la collera del Signore".
Saggiamente, seguono il consiglio. Mosè li ammonisce inoltre di rimanere astemi: "Quando dovete entrare nella tenda dell'incontro, tu e i tuoi figli non bevete vino o bevande alcoliche se non volete morire. Questa è una prescrizione che voi e i vostri discendenti osserverete in ogni tempo".
Dati i primi esempi, immagino che gli israeliti non fecero a gara per ottenere la carica di sacerdote.

mercoledì 8 giugno 2011

Sacerdoti e macellai

I sacerdoti ai tempi di Mosè
erano anche abili macellai
La fine dell'Esodo me lo aveva fatto temere. L'inizio del Levitico me lo conferma: la lettura della Bibbia mi riserverà anche passaggi molto noiosi. In questo terzo libro non ci sarà spazio per i divertenti microracconti incontrati nella Genesi, né per la saga di un eroe che guida il suo popolo verso la libertà che ha dato l'impronta all'Esodo.
Mi ritrovo piuttosto di fronte ad una sorta di manuale di istruzioni, un dettagliatissimo elenco di regole, norme, prescrizioni che Dio espone personalmente a Mosè per tutti i 27 capitoli che compongono il testo. Certo che quei due stanno a parlarsi in privato un sacco di tempo: a Mosè sarà venuta una pelle da adolescente, grazie all'effetto-lifting descritto nell'Esodo.
I primi capitoli del Levitico (1-7) si soffermano con grande specificità sulla pratica dei sacrifici. E' chiaro che i sacerdoti devono necessariamente essere anche abili macellai: sono chiamati in continuazione a sgozzare tori, montoni, agnelli, vitelli, piccionitortore per rimediare alle colpe commesse da chiunque appartenga al popolo ebraico. Dio si sofferma con dovizia di dettagli sulle procedure: tra le varie indicazioni, spicca il fatto che debbano sistematicamente essere bruciate le parti grasse di ogni animale (Dio ha a cuore il colesterolo dei suoi fedeli), mentre il sangue va asperso su altari e vesti sacre con modalità ben definite (ad esempio si deve intingere il dito e poi toccare per sette volte la parte visibile dei tendaggi). Chi mangia parti grasse o sangue viene immediatamente bandito dalla comunità: non c'è trippa per gatti, ma neanche per gli israeliti.
Il lavoro dei sacerdoti non è senza ricompensa. A loro spettano infatti la pelle, il petto e la coscia destra di ogni bestia squartata e offerta a Dio.
Oltre ai sacrifici animali, sono previsti anche sacrifici vegetali, per i quali si devono bruciare diverse misture di farina, olio, incenso, grano o verdure a seconda dei casi. C'è addirittura una sorta di scala che fissa un sacrificio adeguato al reddito: chi non ha mezzi per procurarsi una pecora o una capra, potrà portare al Signore due tortore o due piccioni; se non può procurarsi nemmeno i volatili, potrà portare due chili di farina.
Dio non lo specifica, ma immagino che chi non riesce nemmeno a procurarsi la farina abbia senz'altro problemi vitali più pressanti che chiedere perdono per i propri peccati.

domenica 5 giugno 2011

Altrimenti ci arrabbiamo

Dopo il Vitello d'Oro,
gli ebrei devono rigare diritto
Ci sono colpe che non si perdonano facilmente. Il pasticciaccio brutto del Vitello d'Oro è una di queste: Dio se la lega al dito, e da quel momento in poi gli israeliti sono tenuti sotto strettissima sorveglianza. Al minimo sgarro, il Signore è pronto a punirli: "Adesso andate verso la Terra Promessa - ordina a Mosè nel capitolo 33 dell'Esodo -. Io vi indicherò la strada ma non camminerò in mezzo a voi, perché avete la testa troppo dura. Finirei per sterminarvi lungo la strada".
Dopo un avvertimento di questo tenore, ci sarebbe qualcosina da obiettare poco oltre, quando ricorda di essere "il Signore, il Dio misericordioso e clemente, paziente, sempre ben disposto e fedele, che conserva la benevolenza verso gli uomini per migliaia di generazioni e tollera le disubbidienze, i delitti e i peccati". Mosè, saggiamente, preferisce non fargli notare l'apparente incoerenza, e riceve di buon grado le due nuove Tavole della Legge, in sostituzione di quelle che aveva fracassato ai piedi del Sinai nel colmo dell'ira. Dopo altri quaranta giorni e quaranta notti di colloquio, l'anziano condottiero ritorna dalla sua gente, che lo accoglie piuttosto turbata: stare al cospetto di Dio gli provoca infatti un inatteso e straordinario effetto lifting, e "tutti gli israeliti notarono che la pelle della faccia era splendente ed ebbero paura di avvicinarsi a lui". Il vecchio prova a tranquillizzarli coprendosi con un velo (Paola Ferrari e Alba Parietti farebbero bene a prendere esempio...).
Per adempiere al volere divino senza attirarsi nuove ire funeste, Mosè a questo punto mette in atto per filo e per segno ogni istruzione definita per il culto: l'arca, gli altari, il santuario, il candelabro, le vesti vengono realizzati esattamente come prescritto, impiegando in totale qualcosa come 1.020 chili d'oro, 3.520 chili d'argento, 2.500 chili di rame, più un'offerta di altri 3.523 chili d'argento. Dove siano andati a recuperarli in così grandi quantità, resta un mistero. Una volta consacrati sia la tenda sacra, sia i sacerdoti, il lavoro è compiuto: Dio prende possesso della sua abitazione, manifestando la sua presenza sotto forma di nube durante il giorno, e di fuoco durante la notte.
Si chiude così l'Esodo, il secondo libro della Bibbia. Avanti, per chi lo vorrà, con il Levitico.