mercoledì 30 novembre 2011

Chiuso per inventario

Nuovo censimento tra gli Israeliti: quelli
del precedente sono quasi tutti morti...
Già all'inizio del libro dei Numeri Dio aveva chiesto a Mosè di fare un censimento dettagliato delle 12 tribù d'Israele. Dopo averne ammazzati a migliaia con le varie punizioni, il Signore rischia però di perdere il conto dei suoi figlioli superstiti. Visto che siamo ancora nel libro dei Numeri (capitolo 26), meglio allora approfittarne per un secondo censimento, che non guasta mai. In totale, gli Israeliti sono ora 601.730: nel conteggio sono calcolati solo i maschi sopra i vent'anni, in grado di essere arruolati nell'esercito, tra i quali verrà spartita la Terra Promessa. A loro si aggiungono i Leviti, destinati ad occuparsi della custodia, trasporto e fabbricazione di tutto ciò che serve al culto, ma esclusi dalla spartizione dei territori: la tribù dei "sacrestani" conta 23.000 maschi dal mese di vita in su.
Come da tradizione, fioccano nel popolo di Dio i nomi bizzarri, almeno per un lettore italiano contemporaneo. Tra i miei preferiti, segnalo Pallu (il suo modo di conversare, caratterizzato da una marcata cadenza sarda, risultava spesso pedante e noioso), Agghi (maestro del ricamo a punto croce), Tola (fabbricava cucine su misura), Iasub (esploratore dei fondali marini di origini teutoniche), Beker (stracciava tutti a tennis), Sucam (aveva una vera e propria ossessione per il sesso orale, che reclamava da qualunque donna già nell'istante in cui le si presentava: "Piacere, Sucam!").
Alla fine del conteggio, risulta che gli Israeliti del precedente censimento sono tutti morti, a parte Mosè, Caleb e Giosuè. Che il Signore sia un po' pentito di aver fatto piazza pulita? Ne dubito. Del resto, lo cantavano anche i Neri Per Caso: "Quando c'è censimento, non c'è mai pentimento". Chiedo umilmente venia a chi si ostina a leggermi: verranno battute e post migliori. Forse.

martedì 22 novembre 2011

Ti amo da morire

Gli amanti Zimri e Zur muoiono
infilzati insieme dalla lancia di Finees
"Che non si muore per amore, è una gran bella verità". Mi spiace contraddirti, carissimo Lucio Battisti, ma il capitolo 25 dei Numeri sembra dimostrarci l'esatto contrario: d'amore si può morire, eccome. Di una morte tremenda e cruenta, per di più, se questo amore non piace a Dio.
Onestà per onestà, gli Israeliti, nel caso specifico, se la vanno a cercare. Non solo cominciano ad "avere rapporti con le donne moabite" (l'autore biblico non esplicita la natura di questi rapporti, ma dubito si trattasse di transazioni commerciali o di relazioni diplomatiche), ma pensano bene di farsi convertire: "esse li spinsero a offrir sacrifici ai loro dèi. Gli Israeliti presero parte ai loro pasti sacri e adorarono i loro dèi. Si dedicarono in particolare al culto del dio Baal di Peor". Dato il nome del dio in questione, mi viene da sospettare che le prestazioni sessuali dei maschi israeliti non fossero particolarmente generose, e le donne moabite sperassero in un intervento divino per aumentare portata e prestanza dei loro gingilli riproduttivi.
Di fronte a una sbandata così evidente dei suoi adorati figlioli, Tatadìo deve intervenire prontamente con un bonario buffetto correttivo per ricondurli sulla retta via. "Il Signore disse a Mosè: Prendi i capi del popolo e falli impiccare alla mia presenza in pieno giorno". Il patriarca provvede, ordinando di uccidere tutti gli uomini che abbiano reso culto a Baal di Peor.
Ma l'amore, nella sua follia, sa andare oltre la paura di perdere la propria vita. Il tragico eroe romantico di questa storia è Zimri, figlio di Salu, della tribù di Simeone, che decide di non nascondere la propria passione e si presenta nel bel mezzo dell'accampamento israelita mano nella mano con la sua amata Cozbi, topolona madianita figlia di un certo Zur.
Zimri e Zur, profeti del libero amore, non si curano degli sguardi torvi degli Israeliti, e se ne entrano nella tenda dell'uomo per consumare la loro passione. "A tale vista il sacerdote Finees, figlio di Eleazaro e nipote di Aronne, si alzò in mezzo all'assemblea e afferrò una lancia; seguì quell'uomo, penetrò nella tenda dove stava con la madianita e li uccise tutti e due con un colpo di lancia in pieno ventre".
Il Signore dimostra di apprezzare lo spiedino umano misto: "Il flagello che si era abbattuto sugli Israeliti cessò subito. A causa di esso erano già morte ventiquattromila persone".
Ventiquattromila. Come i baci di Celentano, pensa un po'. Aprire con Battisti e chiudere con Celentano: non sarebbe male. Per dovere di cronaca, devo tuttavia aggiungere che Dio esige il finale pirotecnico: confermando la sua passione per le scene di distruzione di massa, ordina a Mosè di attaccare e sterminare i Madianiti. Sull'altro versante, il dio Baal preferisce non intervenire in loro difesa, lasciando che se la sbrighino da soli. Non va benissimo, ma nessuno sopravvive per protestare.

giovedì 17 novembre 2011

Occhio, malocchio, tori e finocchio

Il re Balak si rivolge
al fattucchiere Balaam
Una volta scoperta la predilezione di Dio per le battaglie cruente e distruttive, gli Israeliti ne approfittano per darci dentro: dopo i Cananei, tocca agli Amorrei del re Sicon e del re Og subire la stessa sorte. "Gli Israeliti sconfissero Og, i suoi figli e tutto il suo esercito. Li sterminarono senza risparmiarne nemmeno uno. Così occuparono il territorio del re Og". Basta liberare un po' di spazio, e il gioco è fatto.
Comprensibile, allora, che vedendo arrivare Mosè con tutta la banda, il re Balak sia leggermente preoccupato: "Questa massa di gente devasterà tutto, qui nelle vicinanze, come una mandria di buoi divora l'erba di un prato!". Il monarca prova a correre ai ripari (Numeri, capitoli 22-24). La sua idea è quella di assoldare uno iettatore professionista: Balaam, figlio di Beor, che abita a Petor - l'autore biblico non lo dice, ma io so per certo che ogni anno, ad agosto, ci facevano una memorabile Sagra del Fagiolo...
Balaam è noto a Balak sia come portafortuna, sia come menagramo: "So bene questo: chi tu benedici, è benedetto, e chi tu maledici, è maledetto!". In questo caso, gli serve appunto un bel malocchio ai danni degli Israeliti: "Forse, così, riuscirò a vincerli e a cacciarli dal mio territorio".
Il re invia dunque in due tornate i suoi  messaggeri da Balaam, provando a convincerlo con la promessa di ricompense sempre maggiori, ma il fattucchiere entrambe le volte si consulta con Dio che lo avverte di lasciar perdere, visto che gli Israeliti godono della sua protezione. La seconda volta, tuttavia, il Signore gli dice di seguire pure i messaggeri del re, in attesa di ulteriori indicazioni. Una raccomandazione che, strada facendo, viene ribadita con una modalità piuttosto singolare: l'asina su cui viaggia Balaam per tre volte vede l'angelo del Signore, si spaventa e tenta di deviare dal percorso; la terza volta la bestia cade addirittura a terra. Ogni volta Balaam la picchia, fino a che la povera asina, per intercessione divina, inizia a parlargli e a lamentarsi; il santone la minaccia, ma a quel punto interviene l'angelo in persona, che ricorda a Balaam di attenersi alle indicazioni di Dio - per inciso: teatrino divertente, ma narrativamente del tutto inutile.
Quando il fattucchiere arriva dal re - finalmente! - questi lo invita a salire sulla collina e a maledire dall'alto tutto l'accampamento degli Israeliti. Balaam compie il rito sacrificale di tori e montoni su sette altari appositamente predisposti, ma quando dalla sua bocca dovrebbe uscire la macumba, Dio al contrario gli ispira una benedizione per gli Israeliti. La scenetta si ripete identica per tre volte, con il re Balak che ogni volta immancabilmente s'inchézza, come direbbe Lino Banfi. Nell'ultima profezia, Balaam annuncia ogni fortuna per il futuro di Israele, e le peggiori disgrazie per gli altri popoli: sterminio, rovine, case incendiate, schiavitù, e chi più ne ha, più ne metta.
Come già accaduto in precedenza, l'autore biblico raggiunge l'apice stilistico in un finale sorprendente per la sua assurda inconcludenza. Dopo la profezia, infatti, ci aspetteremmo lo scoppio di una battaglia campale, l'invio di una piaga divina, o quantomeno una lite furibonda tra re e fattucchiere. Niente di tutto questo. "Poi Balaam si mise in viaggio per tornare a casa sua, e Balak se ne andò per la sua strada". Capolavoro.

mercoledì 9 novembre 2011

Morsi & Morti

Il morso mortale di un serpente:
niente di meglio contro i capricci
Ma quanto ci mancava Tatadìo? Confesso di essere ormai diventato un fan sfegatato dell'educatrice più severa e violenta della storia dell'umanità. Non appena i suoi figlioli Israeliti fanno i capricci, il Signore li punisce con generosi scapaccioni mortali di qualunque genere: dai fuochi assassini ai terremoti inghiottitori, passando per malattie incurabili e lapidazioni istantanee.
Nel capitolo 21 dei Numeri, finalmente, Tatadìo ritorna ad essere l'assoluta protagonista: un rientro sulle scene in grande stile, che non delude le attese delle sue folte schiere di ammiratori - se vi volete aggiungere, votatela  con un clic sul sondaggio che trovate scorrendo la colonna di destra dello schermo.
Già una volta, nel deserto, gli Israeliti si erano lamentati per la fame, per la sete, e soprattutto per avere ormai la nausea da manna; evidentemente però si sono dimenticati che Tatadìo li aveva castigati infliggendo loro una tremenda indigestione di quaglie. Viene il sospetto che, a furia di punizioni, i superstiti di quell'epoca siano ormai pochissimi, e la nuova generazione non abbia ancora imparato la lezione. Meglio dar loro una rinfrescata.
Il popolo, sconfortato, torna dunque a protestare contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatto lasciare l'Egitto? Per farci morire nel deserto? Siamo senza pane e senz'acqua, e ci è ormai venuta la nausea per la manna, un cibo da miseria!".
Troppo frignoni, per i miei gusti: qui ci vuole Tatadìo. Che, puntuale, interviene risoluta e ci sorprende con un castigo davvero originale, da riutilizzare sicuramente quando i nostri bambini si lamentano perché non vogliono gli zucchini come contorno: "Il Signore mandò contro di loro serpenti velenosi, i quali morsero un gran numero d'Israeliti, che morirono".
Indovinate un po'? Funziona subito!
"Il resto del popolo andò da Mosè e gli disse: Abbiamo fatto male a criticare il Signore e a criticare te. Ma tu prega il Signore perché allontani da noi i serpenti".
Eh no, carini, troppo comodo. Meglio che i serpenti restino, tanto perché vi sia chiara la lezione. Nella sua infinita bontà, Tatadìo tuttavia concede ai suoi figlioli di provare solo dolore, senza più morire. "Allora il Signore disse a Mosè: Fa' un serpente di metallo e fissalo in cima a una pertica. Chi sarà morso da un serpente e guarderà quello di metallo, salverà la propria vita!".
Non solo una punizione esemplare, ma addirittura un castigo che stimola l'attività fisica e l'attenzione dei vispi Israeliti: Tatadìo, sei impagabile!

venerdì 4 novembre 2011

Terminators


A Dio piacciono gli Israeliti sterminatori
A furia di ricevere punizioni corporali che il più delle volte si traducono in morti atroci, gli Israeliti credono di avere indovinato i gusti del loro Signore: spietato e tendente al sanguinario. Probabilmente un grande fan di Tarantino e Romero.
Ci avranno visto giusto? Non resta che provare. L'occasione propizia si presenta al capitolo 21 dei Numeri, quando Arad, re dei Cananei, attacca il popolo di Dio mentre transita per la strada di Atarim, facendone alcuni prigionieri.
E' a questo punto che gli Israeliti pensano di stuzzicare la passione di Dio per il pulp-splatter: "Se tu ci fai sconfiggere questo popolo, destineremo allo sterminio le sue città".
Proposta allettante, per uno che ama bruciare viva la gente, farla inghiottire dal terreno o farla lapidare. Chissà se accetterà...
"Il Signore ascoltò l'invocazione degli Israeliti e diede loro la vittoria su quei Cananei. Gli Israeliti li uccisero e distrussero completamente le loro città. Appunto per questo quella regione fu chiamata Corma (lo Sterminio)".
Dio si gusta il film in diretta, evidentemente compiaciuto: questo Terminators in 3D, nel suo personalissimo quadernetto delle recensioni, risulta premiato con cinque stellette su cinque.