martedì 30 ottobre 2012

Nonno Giosuè

Giosuè muore vecchio e stanco
Tocca a tutti, prima o poi. Dopo la morte da Padrino di Giacobbe che chiude la Genesi, la morte da cagnolino abbandonato di Aronne descritta nei Numeri, e la morte da licenziato di Mosè negli ultimi capitoli del Deuteronomio, adesso è venuta l'ora di Giosuè: la sua morte, secondo un copione scontato ma ragionevole, chiude il libro a lui intitolato (capitoli 22-24).
Ma che morte è?
Probabilmente la più normale di quelle raccontate finora tra i personaggi principali dell'Antico Testamento.
Giosuè, alla bella età di centodieci anni, non è un superuomo ancora pieno di vigore come il suo predecessore Mosè. E' un nonnetto stanco e debole, che cerca di sistemare le questioni ancora in sospeso prima di lasciarsi cadere nell'eterno - e meritato, direi - riposo: suddivide i territori conquistati tra le varie tribù, congeda i soldati del suo esercito, convoca l'assemblea del popolo israelita per fare pubblicamente testamento.
E proprio come un nonno apprensivo, in questa circostanza, ripete più volte la sua ultima raccomandazione al popolo del Signore, che in sostanza suona così: "Fate i buoni, se potete, altrimenti Quello Là s'incazza...".
Già, Quello Là. Ormai dovremmo avere ben presente il caratterino suscettibile di Tatadìo: "Non sopporta colpe e infedeltà. Se voi lo abbandonerete per seguire altri dèi, egli si metterà contro di voi e vi castigherà! Anche se prima è stato buono con voi, allora vi distruggerà!", è l'ultimo, accorato avvertimento di nonno Giosuè.
Gli israeliti assicurano di avere imparato la lezione, e lui può morire sereno. Aveva già provveduto anche al loculo: "Lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnat-Serach, sui monti di Efraim, a nord del monte Gaas".
Si era presentato come un uomo comune, se ne va da uomo comune. O, se preferite, da Nonno Balocco.
Io gli voglio bene.

giovedì 18 ottobre 2012

Toponomastica rivelatrice

La toponomastica israelita
riserva sempre curiose sorprese
Come si è già ampiamente visto, gli Israeliti con i nomi bizzarri ci sapevano fare. Il libro di Giosuè, tra i capitoli 13 e 21, ci regala un ampio repertorio di quella che potrei definire 'toponomastica rivelatrice'. Scorrendo i lunghi elenchi che riportano i nomi di tutte le regioni e le città della Terra Promessa che furono assegnate da Giosuè alle varie tribù d'Israele, infatti, si scoprono molti luoghi che rivelano fin dalla denominazione le caratteristiche peculiari del posto e/o degli abitanti. Per lo meno ad un lettore contemporaneo italiano, cazzaro e frivolo, quale mi fregio di essere.
Ce n'è per tutti i gusti:
- la città dei bugiardi e dei patiti del calcio: Baala.
- la città dai campi sempre pronti per la semina: Arada.
- la città degli oriundi veneti piena di ragazze bonazze e ragazzi stupidotti: Dimona (mona in dialetto veneto indica sia l'organo sessuale femminile - la mona; sia, declinato al maschile, una persona assai sciocca - un mona).
- la città degli omosessuali: Chefar-Ammona (che comprensibilmente si chiedevano cosa farsene della mona suddetta).
- la città dei cinofili: Gat-Chefer (che comprensibilmente non sapevano cosa farsene di un gatto).
- la città delle persone molto ma molto fortunate: Culon.
- la città che ospitò il primo stabilimento della Martini & Rossi: Kina.
- la città piena di ragazze svampite: Sema.
- la città di chi aveva qualche problemuccio di erezione: Astarot.
- la città dei diarroici: Molada.
- la città con gli abitanti dall'intestino facilmente irritabile: Colon (immagino ci fosse un gemellaggio annuale con Molada. Nell'occasione, la coda ai bagni era interminabile...).
- la città dei critici letterari che stroncarono il Pasticciaccio Brutto di Via Merulana: Cazar-Gadda.
- la città degli oriundi lombardi dove ogni allevatore beveva solo quel che mungeva dalle proprie vacche: Eltolad.
- la città degli oriundi giapponesi artisti dell'origami: Karta.
- la città degli oriundi veneti sempre assetati: Gosen (letteralmente ho sete in dialetto veneto).
- la città dove si organizzava il campionato israelita di corse coi sacchi: Iutta.
- la città che ospitava le olimpiadi israelite della matematica: Calcul.
- la città dove si organizzava un concorso per votare il gallo dal piumaggio e dalla cresta più eleganti: Galgala.
- la città con i locali dove si ritrovano a brindare i neo-laureati più brillanti: Lodebar.
- la città ornata da moltissimi alberi col fusto alto, snello e bianco: Betul.
- la città dall'eccellente illuminazione notturna: Luz.
- la città dove si accumulava il grano in alte cisterne: Silo.
- la città dei creativi: Ideala.
- la città dei rigattieri: Rakkat.
- la città in preda alla siccità perenne: Secat.
- la città dove si scommetteva sulle manifestazioni sportive organizzate in tutta la penisola araba: Bet-Araba.
- la città delle scommesse folli: Bet-Pazzez.
- la città fondata dai fan del profeta del calcio-spettacolo: Zenan.
- la città fondata dai fan della bionda ballerina americana Parisi: Eter.
- la città fondata dai fan dal Maestro Bene: Carmelo.
- la città dove tutti erano pronti a raggirarti: En-Gannim.
- la città dove ognuno si faceva i fatti propri: Cazar-Sual.
E direi che, dopo cotante e cotali vaccate, anch'io posso togliere il disturbo e tornarmene un po' lì.

lunedì 15 ottobre 2012

Giosuè il disinfestatore (sponsored by Raid)

Giosuè, disinfestatore superefficiente
A leggere il libro di Giosuè tra i capitoli 11 e 12, pare di scorrere la fattura di una ditta di disinfestazione: prima di chiederti un compenso a cinque zeri (IVA inclusa, beninteso), i superefficienti disinfestatori descrivono per filo e per segno dove e come hanno stecchito le migliaia di insetti che ti impestavano la casa.
Dopo il racconto del massacro dei re amorrei, Giosuè lo sterminatore prosegue con solerzia il proprio lavoro, di città in città. Neanche il tempo di pulire le spade dal sangue.
"Quello stesso giorno Giusuè attaccò la città di Makkeda e la conquistò. Sterminò tutti i gli abitanti e non risparmiò nessuno. Trattò il re di Makkeda come il re di Gerico".
E' l'inizio di una macabra filastrocca che ricorda la Fiera dell'Est di Branduardi; solo che mentre nella canzone chi prima le dà, poi le riceve - il gatto si mangia il topo, ma poi è morso dal cane, che poi è picchiato dal bastone, e così via -, qui a darle di santa ragione è sempre solo lui, Giosuè, e a prenderle senza remissione sono una serie di re, città e abitanti, tutti immancabilmente "sterminati fino all'ultimo", con il re della città successiva - si specifica espressamente - che "viene trattato come il re" della città precedente. E poi non ci si lamenti che la legge non è uguale per tutti.
Dopo Makkeda, in meno di una pagina l'elenco della disinfestazione prosegue con le città di Libna, Lachis, Ghezer, Eglon, Ebron, Debir - che forse, a dirla tutta, meritavano di sparire dalla cartina geografica anche solo per il nome che si erano scelte -, a completare la conquista della Palestina del centro e del sud; poi tocca ai re di Madon, Simron, Acsaf e a tutti loro alleati del nord, che riuniscono i loro eserciti nei pressi del lago Merom.
In questo caso, il Signore si toglie uno sfizio aggiuntivo: "Vedrai che domani a quest'ora saranno un mucchio di cadaveri davanti a voi" - assicura a Giosuè. Quindi precisa: "Poi farai azzoppare i cavalli e bruciare i carri". Così, tanto per gradire.
Compiuto l'ordine scrupolosamente, Giosuè tira dritto sterminando anche la città di Azor, la capitale di quella zona, e i temibili Anakiti, "uomini alti come giganti".
La sua arma segreta? Personalmente non ho dubbi: bomboloni di Raid in quantità industriale.

lunedì 8 ottobre 2012

Il flop dei Fantastici Cinque

I cinque re amorrei: un quintetto
che ha fatto flop in una sola giornata
Non so se i cinque re amorrei Adoni-Zedek, Oam, Piream, Iafia e Debir, a capo di altrettante città (Gerusalemme, Ebron, Iarmut, Lachis e Eglon), fossero dichiaratamente gay o grandi esperti di stile e buone maniere come i Fantastici Cinque.
Certo è che se il quintetto del programma di La7 ha avuto una sopravvivenza televisiva piuttosto limitata (appena un paio di stagioni, dal 2003 al 2004), il quintetto amorreo si è reso protagonista di un flop ben più immediato e clamoroso, raccontato al capitolo 10 del libro di Giosuè.
Ignoro se i cinque re ne sapessero qualcosa di bon ton e carinerie, dicevo; risulta invece subito lampante che, quanto a strategia bellica e valutazione dell'avversario, non ne capiscono un'emerita mazza. Solo a degli sprovveduti, infatti, può venire in mente di andare ad attaccare gli abitanti di Gabaon, che molto più saggiamente hanno deciso di allearsi con Giosuè e il popolo israelita, protetto da un certo Signore che ha ampiamente dimostrato di poter distruggere ogni avversario. L'esito della battaglia - va da sé - non è mai in discussione. E Dio, come ormai d'abitudine, ci mette del suo con quel tantinello di crudeltà tipica del gatto che gioca con il topo.
"Quando gli amorrei fuggivano lungo la discesa di Bet-Oron, il Signore fece cadere su di loro chicchi di grandine grossi come sassi, fin quando non arrivarono ad Azeka. Ne uccise più la grandine che la spada degli israeliti".
Tanto per prolungare il divertimento, Giosuè pensa bene di chiedere un altro aiutino miracoloso: "Sole, fermati su Gabaon!". Detto fatto, la luce del giorno continua a splendere per molte ore, in modo da consentire agli israeliti di proseguire a piacere la mattanza.
I (mica tanto) Fantastici Cinque tentano disperatamente di nascondersi infilandosi in una grotta a Makkeda. Giosuè, avvisato dai suoi soldati, fa chiudere l'ingresso della grotta con svariati macigni, mette un manipolo di uomini a piantonare il posto, e poi se ne va bel bello a sterminare un altro po' di amorrei. Di ritorno alla grotta, chiude in bellezza questa lunga giornata di allegro massacro. "I cinque re [...] furono trascinati fuori e condotti da Giosuè. Egli fece radunare tutti gli israeliti e ordinò ai comandanti che lo avevano seguito in guerra: "Venite vicino e calpestate questi re! Passate sul loro collo!". Così fecero".
No, non è ancora finita. "Poi uccise i cinque re. Fece appendere i loro cadaveri a cinque alberi e li lasciò appesi là fino a sera. Al tramonto Giosuè comandò di toglierli dagli alberi e di gettarli nella grotta dove erano andati a nascondersi. L'entrata della caverna fu chiusa con un mucchio di pietre. Quel mucchio è ancora là".
Prima considerazione: questa zona della Palestina è piena di mucchi di pietre (ricordate cos'era successo ad Ai e allo sciagurato Acan?). Se passate di là, state attenti a non inciampare.
Seconda considerazione: tutti i quintetti non sono destinati a lunga fortuna. Qualche anno per i Take That e le Spice Girls, ancora meno per i Back Street Boys o i Five. Ma i Fantastici Cinque (gli amorrei, non quelli di La7) sono di certo il quintetto meno longevo e più sfigato della storia.